Il restauro della principesca Tomba 93 alle Terme di Diocleziano


17 Maggio 2022

Lo scorso mese di febbraio ha avuto inizio, presso le Terme di Diocleziano, il restauro della principesca “Tomba 93”, una delle più ricche della necropoli protostorica della località Laurentina Acqua Acetosa a Roma, recuperata a metà degli anni’80 del secolo scorso da Alessandro Bedini, funzionario dell’allora Soprintendenza Archeologica di Roma. Gli interventi conservativi riguardano i reperti del corredo, databile all’ultimo quarto del VIII secolo a.C. ​

La definizione “principesca” è dovuta all’eccezionalità del rituale della sepoltura, contraddistinta dallo sfarzo e dalla ricchezza del corredo; sepolture con queste caratteristiche si rinvengono lungo l’intera penisola italiana, in particolare tra l’VIII e il VII secolo a.C., e connotano defunti di sesso maschile e femminile appartenenti a una élite. In questo caso la tomba è di un personaggio maschile, probabilmente un capo-guerriero con un ruolo politico e sacerdotale, simboleggiato da attributi specifici. Il ricchissimo corredo funebre, costituito da più di 100 oggetti, molti in metallo prezioso, comprende, infatti, l’elmo e gli scudi, la spada, le lance in ferro e bronzo, oltre a un carro e a un articolato apparato di oggetti in lamina di bronzo quali un vassoio-incensiere, un bacile, alcuni tripodi, un flabello e uno sgabello. Del corredo fanno parte inoltre numerose ceramiche, di produzione locale e di importazione, come l’anfora vinaria fenicia che, insieme agli alari, agli spiedi e ai coltelli, simboleggia la celebrazione del banchetto.

Tomba 93, necropoli protostorica di via Laurentina Acqua Acetosa a Roma, VIII secolo a.C.

Al defunto fu riservato il rito funerario dell’incinerazione, insolito per l’epoca, a richiamare pratiche più antiche e modelli eroici omerici; i suoi resti furono posti all’interno di un lebete, un bacile in bronzo con coperchio ricoperto da una stuoia. La tomba, del tipo a fossa, aveva le dimensioni di circa m 4.5 x 2,5; il cinerario con i resti del defunto era collocato nel luogo abitualmente destinato alla deposizione del corpo, probabilmente con l’intento di trattarlo come un suo sostituto, come testimonia la presenza rituale di elementi del corredo personale e della vestizione: una benda (tenia) di argento, un affibbiaglio di argento e oro finemente decorato e quattro fibule di argento e di bronzo.

Tutto il resto del ricchissimo corredo era collocato accanto al cinerario, in uno spazio dal fondo ribassato, un loculo di circa m. 3,60 x 1,30, con gli oggetti collocati gli uni molto vicini agli altri e sovrapposti. La fossa era coperta presumibilmente da un tavolato ligneo, il cui crollo ha determinato lo stato in cui gli archeologi hanno ritrovato la tomba al momento della scoperta: i vasi ceramici in frammenti, gli oggetti in ferro e bronzo schiacciati, rotti, deformati e spesso aderenti e in sovrapposizione tra loro. La corrosione e i fenomeni di degrado del bronzo e del ferro hanno ulteriormente pregiudicato lo stato di conservazione dei reperti metallici.

Al momento della scoperta, lo stato dei materiali di corredo, molto fragili e compromessi, rese necessario adottare particolari strategie di recupero utilizzando la tecnica del prelievo dei blocchi di terra contenenti i reperti: il metodo comporta il distacco e l’asportazione di grandi porzioni di sepoltura, adeguatamente circoscritte e rinforzate lungo il perimetro con fascioni metallici e, al di sotto, con strutture di sostegno in legno rinforzate da tubi metallici che ne sostengono il peso, permettendone il trasporto e il ricovero presso luoghi idonei al restauro. Durante lo scavo della tomba fu possibile, infatti, recuperare singolarmente solo alcuni reperti, come il cinerario, gli oggetti personali e il vasellame ceramico, ma, data la complessità della giacitura, per gli altri fu necessario effettuare il distacco di ben tre grandi blocchi di terreno.

Le operazioni di microscavo per il recupero degli oggetti da questi blocchi sono molto complesse e richiedono interventi di restauratori altamente specializzati; lo scopo è quello di restaurare tutti gli elementi di corredo e documentarli, oggi anche con tecniche di ricostruzione virtuale, per consentirne lo studio e permettere al pubblico di comprendere la ricchezza e la complessità di queste sepolture e, allo stesso tempo, gli aspetti economici e sociali che caratterizzavano le comunità del Lazio antico, di cui sono espressione e testimonianza.

Il progetto di recupero e valorizzazione della Tomba 93 è cofinanziato dall’Ufficio della Cultura della Confederazione Svizzera in quanto lo scorso anno è risultato aggiudicatario dei fondi stanziati per i ‘Progetti destinati al mantenimento del patrimonio culturale mobile di Stati Contraenti della Convenzione dell’Unesco del 1970’.

Ad oggi, sono già state effettuate le operazioni di spostamento dei blocchi e sono stati riportati in vista i piani di deposizione per iniziare il microscavo e gli interventi di restauro. Durante le prossime settimane sarà possibile seguirne le fasi.