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4 settimane fa

Museo Nazionale Romano
“Ogni qualvolta, dal 1867 in poi, ho visto scavare il suolo della campagna, sempre e dappertutto, anche nelle più ignote e più lontane tenute, ho visto tornare in luce tracce del lavoro dell’uomo, strade, ponti, cunicoli, case rustiche, ville signorili, pavimenti di mosaico… e così via discorrendo”. Erano più o meno questi i pensieri di Lanciani mentre, il 28 novembre 1881, tornava sull’Appia: l’affittuario di un terreno, infatti, aveva deciso di recintare la tenuta servendosi di varie macerie ma, invece di procurarsi il materiale dalle vicine cave di selce e peperino, aveva pensato bene di demolire i resti di antichi fabbricati ai lati della ferrovia di Marino, scoperti qualche mese prima. Impossibile sapere quanti danni fossero già stati fatti ma le condizioni si rivelarono subito ideali per condurre uno scavo dell’area “a regola d’arte”. Si poté così esplorare una delle numerose ville suburbane della zona, quella di Q. Voconio Pollione, ricchissima di arredi. Adagiata in una delle aree di rappresentanza della villa fu trovata la statua di Eracle oggi al Chiostro di Michelangelo; per molti anni la scultura fu esposta come appare nell’immagine storica che vi mostriamo, sull’altare funerario della giovane Minucia Suavis benché i due reperti non avessero, in realtà, nulla in comune. 
 #museonazionaleromano #termedidiocleziano #StorieinArchivioMNR #museitaliani #DiVa
@Ministero della Cultura   museitaliani

“Ogni qualvolta, dal 1867 in poi, ho visto scavare il suolo della campagna, sempre e dappertutto, anche nelle più ignote e più lontane tenute, ho visto tornare in luce tracce del lavoro dell’uomo, strade, ponti, cunicoli, case rustiche, ville signorili, pavimenti di mosaico… e così via discorrendo”. Erano più o meno questi i pensieri di Lanciani mentre, il 28 novembre 1881, tornava sull’Appia: l’affittuario di un terreno, infatti, aveva deciso di recintare la tenuta servendosi di varie macerie ma, invece di procurarsi il materiale dalle vicine cave di selce e peperino, aveva pensato bene di demolire i resti di antichi fabbricati ai lati della ferrovia di Marino, scoperti qualche mese prima. Impossibile sapere quanti danni fossero già stati fatti ma le condizioni si rivelarono subito ideali per condurre uno scavo dell’area “a regola d’arte”. Si poté così esplorare una delle numerose ville suburbane della zona, quella di Q. Voconio Pollione, ricchissima di arredi. Adagiata in una delle aree di rappresentanza della villa fu trovata la statua di Eracle oggi al Chiostro di Michelangelo; per molti anni la scultura fu esposta come appare nell’immagine storica che vi mostriamo, sull’altare funerario della giovane Minucia Suavis benché i due reperti non avessero, in realtà, nulla in comune.
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Certo , in Italia è fiorita la Civiltà più grande, longeva , basilare del Pianeta !!!!! R O M A. !!!!!!

Nel 1916, presso la tenuta del Quadraro, si scavava il solco per piantare la siepe lungo la nuova linea ferroviaria “Roma-Napoli”, la cosiddetta la “Direttissima Roma-Napoli”: l’ambizioso progetto di creare un collegamento più efficace, “direttissimo”, tra Roma e Napoli aveva preso forma intorno agli anni Settanta dell’Ottocento ma i lavori erano iniziati solo nel 1909 ed erano notevolmente rallentati a causa della guerra e delle caratteristiche del territorio da attraversare. La tratta allora in uso, però, che includeva il passaggio da Cassino, era frequentemente interrotta a causa di alluvioni o frane e l’individuazione di un percorso alternativo, attraverso Formia, prometteva un notevole risparmio di tempo per i treni. Poco prima del passaggio sotto gli archi dell’acquedotto Felice, a circa 20 metri di profondità, mentre spicconavano con forza, gli operai notarono qualcosa: una statua. Si interruppero subito e, faticosamente, estrassero dalla terra una figura femminile, acefala che, nonostante i numerosi colpi di piccone subiti, mostrava ancora, stretto nella mano sinistra, un papavero. Una matrona romana, spiegò l’archeologo Fornari agli operai, ritratta come la dea Cerere, dea della terra a cui era sacro il papavero, e collocata di certo in una delle tante tombe della via Latina ad accompagnare il sonno eterno di una persona amata.
 #museonazionaleromano #StorieinArchivioMNR #museitaliani #DiVa Ministero della Cultura @mic_italia

Nel 1916, presso la tenuta del Quadraro, si scavava il solco per piantare la siepe lungo la nuova linea ferroviaria “Roma-Napoli”, la cosiddetta la “Direttissima Roma-Napoli”: l’ambizioso progetto di creare un collegamento più efficace, “direttissimo”, tra Roma e Napoli aveva preso forma intorno agli anni Settanta dell’Ottocento ma i lavori erano iniziati solo nel 1909 ed erano notevolmente rallentati a causa della guerra e delle caratteristiche del territorio da attraversare. La tratta allora in uso, però, che includeva il passaggio da Cassino, era frequentemente interrotta a causa di alluvioni o frane e l’individuazione di un percorso alternativo, attraverso Formia, prometteva un notevole risparmio di tempo per i treni. Poco prima del passaggio sotto gli archi dell’acquedotto Felice, a circa 20 metri di profondità, mentre spicconavano con forza, gli operai notarono qualcosa: una statua. Si interruppero subito e, faticosamente, estrassero dalla terra una figura femminile, acefala che, nonostante i numerosi colpi di piccone subiti, mostrava ancora, stretto nella mano sinistra, un papavero. Una matrona romana, spiegò l’archeologo Fornari agli operai, ritratta come la dea Cerere, dea della terra a cui era sacro il papavero, e collocata di certo in una delle tante tombe della via Latina ad accompagnare il sonno eterno di una persona amata.
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