Camilian Demetrescu. Dacica

Museo Nazionale Romano Palazzo Massimo
22.11.23 – 21.04.24

Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis

La storia, in verità, è testimone dei tempi, luce della verità,  vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità

Cicerone (De Oratore II, 9, 36)

Paul Constantin Demetrescu in arte Camilian Demetrescu, nasce a Bușteni (Romania) il18 novembre 1924 in un contesto storico, politico e culturale denso di avvenimenti che segneranno fortemente lo sviluppo socio-economico e culturale del paese nel secondo dopoguerra. Demetrescu è stato pittore, scultore, scrittore e studioso di storia dell’arte. Di estrazione borghese, figlio di un ufficiale dell’esercito del re, gli venne comunque riconosciuto il diritto agli studi universitari dal regime comunista, non avendo il padre preso parte alla guerra contro l’esercito sovietico, essendo deceduto nel 1936. L’insediamento del nuovo regime estrometteva infatti i figli delle classi medio alte dagli studi superiori, al fine di non renderli parte attiva nella costituzione della nuova società.

Gli anni della formazione accademica e post-universitaria passarono per Demetrescu attraverso la ritrattistica di regime fino all’avvento di Ceauşescu nel 1967. Quest’anno, costituisce un momento fondamentale nella sua consapevolezza artistica, in quanto l’apparente apertura culturale all’occidente del paese gli permise di venire a Roma per la prima volta nel 1968. Grazie alla carica di segretario dell’Unione degli Artisti Plastici, fu in grado di sostenere quegli artisti che non avevano avuto modo di esprimersi sotto il regime staliniano riuscendo, nel 1969 a fuggire dalla Romania con la moglie Mihaela.

Gli anni dal 1969 al 1980 corrono veloci nella espressione artistica di un astrattismo simbolico pieno di soddisfazioni e fama dove, l’ispirazione geometrica derivante tanto dalle forme della natura, quanto dalla mitologia mediterranea e dall’epopea della sua terra, trovarono stima e sostegno di critica da parte di uno dei massimi esponenti della cultura italiana come Giulio Carlo Argan. Invitato in più occasioni a partecipare alla Biennale di Venezia, esporrà con successo in diverse città italiane come Roma, Perugia, Parma e Milano.

Nel 1977 si trasferisce da Roma a Gallese (Viterbo) dove la ricerca di uno studio in cui realizzare le proprie opere lo porta a scoprire una pieve romanica cistercense del XII secolo dedicata ai Santi Filippo e Giacomo abbandonata e invasa dalla vegetazione. E’ in questo periodo, in occasione di una sua personale a Parigi, che incontra lo storico delle religioni e connazionale Mircea Eliade che lo aiuta nella comprensione e conoscenza della spiritualità cristiana. Un grande travaglio interiore segue a questo incontro che determina il suo passaggio dall’astrattismo al figurativo spirituale concepito tanto come rivelazione di un cammino personale, quanto come risposta alla crisi di valori del mondo contemporaneo. Passaggio, questo, che gli costerà molte ostilità da parte del mondo artistico e culturale abituato e consolidato a una determinata espressività stilistica.

Nel 1981, la sua prima grande mostra dedicata al sacro dal titolo “Per sconfiggere il drago” presso la Calcografia Nazionale di Roma, organizzata dal Ministero della Cultura Italiana, determinerà anche la rottura definitiva con il mondo della critica che lo accuserà di tradimento stilistico ed espressivo. L’arte e la spiritualità poetica di Camilian troverà così successiva espressione nella  pubblicazione di una raccolta di disegni e scritti dal titolo “Impossibile Paradiso” ma, il passaggio importante, lo farà con l’applicazione della sua ricerca eseguita con la tecnica dell’arazzo. La tragedia dell’11 settembre 2001 a New York delle Torri Gemelle, muove in lui un grande impeto di risposta all’odio scatenato dall’attentato realizzando, con la moglie Mihaela, la sua – forse – più grande opera: “Abbraccio Cosmico”(400×245 cm), presente in Vaticano nella Sala Paolo VI. Nel 2008, nel corso dell’incontro con il Santo Padre Benedetto XVI, farà dono al pontefice della serie di sei “Hierofanie” come simboli della spiritualità cristiana.

Morirà a Gallese il 6 maggio 2012 testimone fedele di un credo mai tradito in cui Infinito, Verità, Gratitudine e Bellezza hanno rappresentato la Luce nelle scelte dolorose, osteggiate e non sempre comprese che la vita gli ha imposto.