Collezione Boncompagni Ludovisi
La più celebre tra le raccolte di scultura antica esposte nel Museo è la collezione dei marmi Boncompagni Ludovisi, radunata negli anni 1621-1623 dal cardinale Ludovico Ludovisi per la sua villa sul Quirinale. Alle sculture della raccolta seicentesca si aggiunse l’opera probabilmente più famosa, il Trono Ludovisi, rinvenuto nel 1887 durante i lavori di urbanizzazione dell’area della villa. Nel 1901 lo Stato italiano acquistò dalla famiglia Boncompagni Ludovisi oltre cento sculture, che furono a lungo esposte nel Chiostro piccolo della Certosa nel Museo delle Terme di Diocleziano, per essere poi trasferite a Palazzo Altemps, dove l’attuale sistemazione espositiva le valorizza pienamente, integrandole nelle sale della dimora nobiliare.
Il Trono Ludovisi
Il rilievo a tre lati, ricavato in un unico blocco di marmo tasio, raffigura frontalmente la nascita di Afrodite dalla spuma del mare sorretta da due figure femminili di Horai, divinità della natura e delle stagioni, vestite con peplo (a sinistra) e con chitone (a destra). Sul lato destro una giovane nuda suona il doppio flauto e sul sinistro una donna ammantata mette grani di incenso in un bruciaprofumi. Entrambe le figure, sedute su un cuscino ripiegato e poggiato su un sedile, sono state interpretate come sacerdotesse del culto di Afrodite.
Il nome “trono” fu attribuito all’epoca della scoperta avvenuta nel 1887 a Roma nell’area della villa Ludovisi. Ritenuta trono di divinità oppure recinto di una colossale statua di culto o balaustra di scala, l’opera è stata anche riferita al coronamento di un altare o a un basamento su cui, in occasioni speciali, poteva essere posto il simulacro della divinità.
L’analisi stilistica del rilievo e i confronti con tavolette votive in terracotta della Magna Grecia datano agli anni 460-450 a.C. la scultura, forse proveniente dal santuario di Afrodite a Locri Epizefiri, sulla costa ionica della Calabria, o, secondo un’altra ipotesi, dal santuario siciliano di Afrodite a Erice. La sua presenza a Roma è stata infatti collegata al tempio repubblicano di Venere Erycina situato subito fuori una porta urbica, Porta Collina, successivamente inglobato negli Horti di Giulio Cesare.